La povertà educativa minorile è divenuta centrale nel dibattito intorno all’infanzia e all’adolescenza nel nostro Paese, un tema strettamente legato all’abbandono scolastico e al contesto culturale
Che cos’è la povertà educativa?
La povertà educativa è la condizione che impedisce a bambini e ragazzi di accedere ad attività e servizi che permettono di scoprire attitudini e talenti, sviluppando così a pieno le loro capacità.
Negli ultimi anni il dibattito in materia si è fatto sempre più acceso, complice anche la crisi economica che ha ridotto in povertà assoluta circa l’8% della popolazione italiana (dati Istat). In quanto membri di famiglie in difficoltà, sono proprio i minori a essere più colpiti: trovandosi in condizioni materiali di svantaggio rischiano di non avere la possibilità di vivere quelle esperienze educative, ludiche e formative che consentono di conoscere a pieno le proprie risorse, condizionando negativamente il loro futuro.
Sarebbe però un errore far coincidere la povertà economica con quella educativa. Quest’ultima infatti coinvolge un numero maggiore di minori i quali, pur non vivendo in condizioni di disagio materiale, non hanno accesso a quelle attività necessarie per il loro sviluppo, o perché vivono in contesti culturalmente poco attenti alle loro necessità formative o privi di strutture idonee ad accoglierli (zone verdi, parchi attrezzati, strutture sportive, biblioteche), o semplicemente perché queste attività non sono ritenute importanti dai genitori.
L’abbandono scolastico come indice di povertà educativa
Vi è tuttavia un’innegabile connessione tra povertà economica ed educativa. Lo conferma Eurydice – la rete di informazione che fornisce ai politici europei i dati necessari allo sviluppo di politiche nel settore dell’istruzione – nel rapporto La lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione in Europa. Come osserva questo studio, la condizione socioeconomica della famiglia di provenienza esercita una grande influenza in tema di abbandono scolastico: “situazioni familiari difficili come disoccupazione, basso reddito del nucleo familiare e scarsi livelli di istruzione dei genitori possono avere un effetto diretto e duraturo sulla carriera scolastica degli studenti, sul loro atteggiamento nei confronti dello studio, sui loro risultati scolastici e, di conseguenza, ciò può indurli a decidere di abbandonare precocemente i percorsi di istruzione e formazione”.
La scuola ha un ruolo fondamentale nel contrastare la povertà educativa, in quanto luogo di aggregazione paritario destinato a superare le differenze sociali tra gli studenti e a offrire strumenti utili per la piena realizzazione personale. In questa prospettiva quindi la percentuale di coloro che pongono fine agli studi prima del tempo ha un grande valore per comprendere la portata del problema. L’Ue non è indifferente alla questione dell’abbandono scolastico, e per questo in occasione del Consiglio di Barcellona del 2002 ha stabilito l’importante obiettivo di veder ridurre in ogni Paese membro l’abbandono scolastico al 10% entro il 2020. A oggi l’Italia risulta il quarto Paese per dispersione scolastica, sebbene vi siano delle importanti distinzioni tra nord e sud: mentre nel Settentrione l’obiettivo europeo è raggiunto, nel Mezzogiorno – in particolare in Sicilia e Sardegna – gli indici degli abbandoni si attestano intorno al 20% prima del raggiungimento del diploma superiore (sempre secondo le rilevazioni dell’Istat).
Oltre la scuola: alla scoperta dei propri talenti
Il diritto allo studio non esaurisce però il tema della povertà educativa che copre tutte quelle esperienze a cui il minore non ha accesso, impedendogli di porre in atto in pienezza il suo progetto di vita. A questo proposito l’art. 31 della Convenzione sui diritti dell’infanzia riconosce ai minori “il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica”. Il gioco quindi, così come lo sport, rappresentano attività altamente formative per bambini e ragazzi, poiché offrono la possibilità di scegliere secondo le proprie inclinazioni e aiutano a socializzare, sviluppare capacità fisiche e cognitive, favorire la conoscenza dei coetanei. La presenza di attività sportive e ludiche sul territorio a cui tutti i minori possano accedere è quindi una questione essenziale nel superamento della povertà educativa.
In questa prospettiva il verde pubblico non può che giocare un ruolo centrale, in quanto la stessa salubrità dell’ambiente in cui si vive e si gioca influenza positivamente l’attenzione dei bambini e dei ragazzi verso il rispetto degli spazi comuni o verso temi importanti come l’inquinamento e l’ecologia. Un quartiere degradato, privo di luoghi sicuri dove condividere tempo e giochi, al contrario contribuisce a peggiorare la qualità della vita dei minori che ci vivono.
Tutti questi fattori rientrano nell’ambito della povertà educativa ed evidenziano una volta di più come il problema non tocchi soltanto i bambini e ragazzi, ma richieda un intervento più strutturale da parte di chi gestisce i beni collettivi. Per questo nel 2016, in base al Protocollo d’Intesa sottoscritto tra Acri e Governo, è stato istituito il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile destinato a sostenere “interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori”.
Da parte nostra continueremo a parlare di questo tema approfondendo le iniziative, le strutture e le attività che La Fanciullezza da anni ha posto in essere per contrastare la povertà educativa minorile nel territorio milanese.