Oggi vivono e lavorano a Londra, ma Luwam e Abiel, fratelli originari dell’Eritrea, non dimenticano gli anni passati nell’Associazione: «Una famiglia che ci ha aiutati a crescere»
La storia di Luwam e di Abiel potrebbe essere la storia di tanti ragazzi come loro che sono transitati in Italia in questi anni. Ragazzi che hanno avuto la fortuna di incontrare sulla loro strada qualcuno che li ha supportati nei momenti di difficoltà e che ha dato loro la possibilità di costruirsi un futuro. Nel caso di Luwam e Abiel, fratelli originari dell’Eritrea, questo “qualcuno” è stato La Fanciullezza. È la sorella maggiore, Luwam, a raccontarci la loro vicenda, rievocando gli anni trascorsi all’interno dell’Associazione.
«Siamo entrati alla Fanciullezza nel gennaio del 2006; eravamo in Italia da qualche mese, ma nostra madre non aveva modo di mantenerci entrambi, e quindi la comunità ci ha aperto le sue porte. Ripensandoci oggi, è stata un’esperienza straordinaria, che ci ha aiutati a crescere e a guardare alle nostre vite in modo diverso. In quegli anni La Fanciullezza è stata veramente una famiglia, gli educatori erano come dei genitori, ci insegnavano tutto quello che ci sarebbe stato utile: la lingua italiana, la cultura, insomma a badare a noi stessi. Certo, non sono mancati i momenti di difficoltà, discussioni, piccoli conflitti, ma io e Abiel l’abbiamo vissuta nella maniera più positiva possibile, in fondo venivamo da anni meno dolorosi rispetto a quelli di altri ragazzi. Siamo rimasti nell’Associazione fino al 2009».
Oggi Luwam ha 23 anni, Abiel 22. Entrambi si sono trasferiti a Londra, dove lavorano: lui è un designer di moda e frequenta un corso di specializzazione nel settore, lei fa l’educatrice e l’insegnante di sostegno per ragazzi autistici. Una scelta, quest’ultima, maturata proprio negli anni milanesi: «Mentre osservavo gli educatori, pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto diventare come loro. Sono le persone che ci hanno indicato la via, ci hanno sempre sostenuto nelle nostre scelte e in quello che volevamo fare una volta compiuti i 18 anni. È raro trovare persone così, i ragazzi ospiti dell’Associazione dovrebbero approfittare di un’esperienza tanto formativa. Così, quando mi sono trasferita in Inghilterra, ho abbandonato l’idea di studiare scienze sociali per diventare un’educatrice a mia volta».
Un rapporto strettissimo, che non si è ancora allentato. «Siamo sempre in contatto sia con La Fanciullezza che con molti dei ragazzi che erano ospiti nei nostri stessi anni. Ogni volta che torniamo in Italia passiamo sempre a salutare i nostri educatori di allora: quando vivi come una famiglia per tanti anni, si crea un rapporto che non finisce mai. A volte mi mancano quegli anni; sicuramente, se non fossimo stati accolti dall’Associazione, io e Abiel oggi saremmo due persone completamente diverse. La Fanciullezza farà sempre parte delle nostre vite».