La dott.ssa Manuela Nanussi, responsabile del settore Prima Infanzia- nido della Fanciullezza, ci ha raccontato il grande impegno che ha richiesto portare avanti il servizio durante un’emergenza sanitaria. «Ma il lavoro non è stato vano, anzi non abbiamo registrato nemmeno un caso di Covid. Merito anche del rapporto di fiducia con le famiglie e del supporto della nostra Fondazione»
Si sta concludendo uno degli anni educativi più complessi della nostra storia recente. Il motivo lo sappiamo tutti: le misure decise dal Governo italiano per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19 hanno impattato radicalmente anche su tutti i Servizi per l’infanzia. Ogni Istituto si è trovato costretto a “imparare” una nuova quotidianità per ridurre al minimo il rischio di contagi, e “Il gioco del mondo”, il nido della Fondazione La Fanciullezza, non ha fatto eccezione. Abbiamo intervistato la sua responsabile, la dott.ssa Manuela Nanussi, per capire come è stato vissuto questo anno dai bambini, dalle famiglie e dagli educatori.
Manuela, iniziamo dal principio: nel marzo del 2020, per la prima volta, un decreto della Presidenza del Consiglio ordina la chiusura di tutte le attività non essenziali. Eravamo nel pieno della più grave ondata di contagi. Come avete vissuto quel momento?
«Per alcuni giorni abbiamo dovuto navigare a vista. All’inizio si pensava che la riapertura sarebbe stata imminente, e invece, man mano che i giorni passavano, veniva spostata sempre più in avanti nel tempo. La consapevolezza di quello che stava accadendo è arrivata progressivamente. Così abbiamo dovuto organizzare attività a distanza per mantenere la continuità relazionale con i bambini, ma anche per supportare i genitori nel cambio di abitudini (a volte non ci si pensa, ma ritrovarsi a lavorare da casa con un figlio piccolo significa ripensare anche le proprie dinamiche di coppia e gli stili genitoriali)».
In cosa consisteva la Didattica a Distanza?
«Si trattava di una co-progettazione condivisa insieme alle famiglie i cui contenuti seguivano il Progetto Educativo Didattico annuale: le educatrici a cadenza settimanale adattavano l’attività ludo-didattica prevista dalla programmazione e parallelamente fornivano indicazioni e strumenti (anche operativi) ai genitori su come realizzarla insieme ai loro bambini. Si è cercato di limitare il più possibile la permanenza dei piccoli davanti a uno schermo, i cui effetti negativi sono ormai noti. La collaborazione con le famiglie e il mantenimento dei contatti anche a distanza rientra nello stile relazionale che caratterizza il nostro servizio. Siamo così riusciti a gestire quel difficile momento. Certo, non è stato semplice, soprattutto per i bambini: i genitori riferivano che a casa i piccoli avevano incominciato a manifestare disagi come balbuzie, disturbi del sonno e disturbi alimentari».
Questo ci porta alla riapertura dello scorso luglio, in occasione della quale vi siete dovuti adattare a tante nuove regole.
«Per poter riaprire in presenza dovevamo essere strutturati sul modello di un Centro estivo. La parte più difficile è stata adeguare il servizio alle nuove misure in un arco di tempo brevissimo dalla loro promulgazione: abbiamo dovuto riorganizzare l’accoglienza con il triage, gli spazi in sezioni, gestire ingressi e uscite scaglionati, ridurre l’orario di apertura del servizio, ridurre il rapporto educatore-bambino (1 a 5) e programmare attività soprattutto all’aperto. È stata una fase impegnativa. I genitori vedevano nel servizio una risorsa immediata che riusciva a rispondere ai bisogni dei loro bambini. Devo dire che, ancora una volta, la collaborazione con i genitori ha fatto la differenza: sono stati bravissimi e disponibili a ottemperare alle nuove misure. La fiducia consolidata con i genitori ci ha permesso di gestire al meglio questo periodo. L’aspetto più faticoso è stato non poter dare certezze sulle riaperture e le modalità di accesso. Non sapevamo se e come in autunno saremmo stati aperti, a fronte di genitori che invece avevano bisogno di sapere come organizzarsi».
Immaginiamo che l’arrivo della stagione fredda abbia ulteriormente complicato le cose…
«Da settembre il servizio è stato totalmente ripensato e riorganizzato. I bambini (ridotti a 21) sono stati suddivisi in sezioni chiamate “bolle”, ognuna delle quali con un’educatrice di riferimento (gruppi stabili); i locali venivano sanificati dopo ogni uso, alcuni materiali non potevano più essere utilizzati e alcune attività sono state sospese, come tutte quelle formative-aggregative con i genitori e le “feste” speciali. Tutto si svolgeva in linea con le indicazioni ricevute da Ats, Regione Lombardia e Comune di Milano in merito al contenimento della pandemia. Anche tutte le attività didattiche gestite dai consulenti esterni sono state sospese. Durante l’ulteriore chiusura di marzo 2021 invece abbiamo concordato con i genitori di sospendere le attività a distanza, per loro piuttosto faticose a livello organizzativo. Abbiamo comunque mantenuto scambi relazionali per tutto il periodo di sospensione del servizio».
Tutti questi sforzi non sono stati inutili: in questi mesi non avete registrato nemmeno un caso di Covid, non è così?
«Esattamente, nemmeno uno. Merito della scrupolosa attenzione alle regole da parte di tutti, ma merito anche dell’enorme supporto organizzativo e logistico che abbiamo ricevuto dalla Fanciullezza. La Fondazione anche in questo caso è stata garante dello svolgimento delle attività in totale sicurezza, inoltre gli spazi ampi, i servizi di pulizia e lavanderia interna e i presidi di protezione individuale sono stati fondamentali per svolgere serenamente il lavoro. Non posso non ringraziare la Fondazione per il sostegno che ci ha sempre dimostrato».
E l’equipe educativa? Come ha vissuto questo anno così particolare?
«L’ha vissuto con grande senso di responsabilità. Talvolta le incertezze delle informazioni sanitarie che si ricevevano dai media creavano apprensione, come è normale che fosse. Lo staff educativo ha sempre mostrato una grande disponibilità nell’accettare le indicazioni e fiducia nei confronti dell’ente che ci ha permesso di continuare a lavorare. Ho notato una grande voglia di fare: ogni idea proposta veniva portata avanti con entusiasmo, pur nelle difficoltà. È stato un lavoro sinergico di collaborazione e di scambio permeabile con l’equipe educativa e con le famiglie. Quando un rapporto di fiducia viene costruito e consolidato negli anni, si affrontano più serenamente anche le difficoltà».