Ginevra Morali è coordinatrice ed educatrice del Centro di aggregazione giovanile Punto&Virgola, un luogo di incontro e scambio in cui molti ragazzi e ragazze hanno trovato un sostegno importante nella delicata fase dell’adolescenza
Ginevra, da quanto fai parte del team di Punto&Virgola e di cosa si occupa il Centro?
«Da 15 anni. Punto&Virgola si occupa di promuovere il protagonismo giovanile e prevenire il disagio nell’ottica della ricombinazione sociale. Il nostro mandato è quello di favorire l’incontro tra tutte le tipologie di giovani attraverso un servizio ad accesso libero, gratuito e spontaneo; accogliamo quindi tutti i ragazzi e le ragazze dagli 11 ai 22 anni, provenienti da ogni parte del mondo, che siano interessati a condividere il loro tempo con noi e a svolgere le molte attività che proponiamo.
L’interculturalità è molto importante per noi poiché il nostro lavoro vuole favorire l’incontro tra le diverse appartenenze culturali contro la segregazione e la separazione dei percorsi. Lo facciamo attraverso una dimensione di gruppo che, creando relazioni, supera l’isolamento che può derivare dalla virtualità dilagante».
Quali attività svolgono i ragazzi all’interno del Centro?
«Il fulcro del nostro servizio è certamente il sostegno allo studio ma anche il supporto alla socializzazione in quello che chiamiamo Spazio aperto, il luogo deputato all’informalità e allo scambio. Attiviamo inoltre ogni anno dei laboratori di alta qualità affidati a tecnici specializzati in settori specifici. I laboratori sono il nostro punto di forza: teatro, rap, spray art, video making, sport, web radio sono tutti ambiti nei quali i ragazzi possono mettersi alla prova ampliando i loro orizzonti e scoprendo nuove passioni. Affrontiamo anche temi importanti attraverso percorsi di cittadinanza attiva: ormai da 5 anni partecipiamo alla rete del Treno della Memoria, un progetto che permette ai ragazzi dai 16 anni in su di visitare i campi di sterminio in un viaggio di una settimana che crea dibattito, avvicina i ragazzi alla Storia e crea un senso di comunità perché unisce 5 diversi Centri di aggregazione giovanile del territorio per un totale di 150 ragazzi coinvolti. Inoltre promuoviamo il volontariato giovanile e adulto».
Come vivi il tuo impegno come coordinatrice ed educatrice?
«Il mio doppio ruolo mi richiede di essere attiva su più livelli: c’è il lavoro di coordinamento e promozione del Centro nelle scuole e nelle reti territoriali, i contatti da tenere con il Municipio e gli assessori e poi l’operatività vera e propria, quella che ha a che vedere con l’utenza e la relazione diretta con i ragazzi. Per me il confronto con loro è linfa vitale, mi ritengo fortunata perché svolgo un lavoro complesso ma che amo. Mi piace molto l’etimologia della parola ‘educare’, dal latino ex-ducere, tirare fuori, e cioè far venire fuori quel che già c’è all’interno di qualcuno, aiutarlo a esprimere se stesso. Visto da questa prospettiva, il mio lavoro oltre a essere una professione che necessita di preparazione e competenza è anche una missione, io la vivo così».
Come credi sia vista la tua professione?
«Credo sia poco riconosciuta e trovo sia un peccato. In questa società, in cui vi è molto isolamento, la figura dell’educatore riveste un ruolo molto importante in quanto crea relazione e sostegno lì dove ce n’è più bisogno. Questo però accade anche con i giovani, spesso visti solo in termini problematici e negativi. Nella mia esperienza di educatrice invece ho appreso che se dai loro spazio permettendogli di esprimersi, possono sorprenderti perché hanno moltissimo da dire».
A questo proposito, c’ è un’esperienza che ricordi in particolare e che vuoi condividere?
«Ce ne sono molte, sono un’educatrice dal 1997 e svolgo un lavoro che appassiona e che ha una grande valenza sociale: prima con i bambini di via Palmieri, poi come educatrice di strada lavorando alla prevenzione contro l’uso di sostanze stupefacenti, infine al Punto&Virgola, ho raccolto molte storie che porto con me. Tra queste ricordo un ragazzo che purtroppo in un certo periodo della sua vita era entrato in un giro di cattive compagnie, arrivando persino a trascorrere qualche giorno nel carcere di San Vittore. Con il nostro lavoro al Punto&Virgola siamo riusciti a coinvolgerlo nelle nostre attività attraverso la musica, una sua grande passione. È venuto a fare una vacanza estiva con noi durante la quale avevamo organizzato dei campus con un laboratorio di rap e proprio applicandosi allo studio della musica è riuscito a riprendere le fila della sua vita. Ha deciso di descrivere questo percorso in una canzone che mi ha molto emozionata».